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Francesco Iavarone nacque a Napoli il 16 maggio 1788. Fin dagli anni della fanciullezza palesava quella inclinazione alla pietà e agli studi della letteratura classica, che non fu mai rallentata neppure dalla sua cagionevole salute, e che fece di lui un archeologo distinto, un egregio teologo, e un prelato degno di esser proposto a modello di virtù cristiana. Ebbe dimestichezza col celebre padre Andres, che non solo gli fu largo di soccorsi nell’indigenza in cui egli era, ormai orfano di padre; ma gli fu pure di guida negli svariati esercizi di latino, di greco e di archeologia sacra e profana, per ben due anni. E già questo sommo filologo lo distingueva fra gli ellenisti di quella età; e ne celebrava il merito; e ne allargava con meritate lodi la fama. Sicchè nel 1812, appena varcato il quarto lustro, Iavarone fu scelto ad interprete dei papiri ercolanensi: incarico che non si affidava se non a provetti ellenisti e latinisti. Nel 1817 fu nominato professore sostituto alla cattedra di Teologia Dogmatica della Regia Università degli Studi di Napoli, di cui ottenne più tardi la titolarità per effetto di un concorso tenuto il 19 gennaio 1823. E poiché Iavarone era uno di quelli al cui cuore sospingeva continuo stimolo del dovere, pubblicò un anno dopo, e cioè nel 1824, le sue Istituzioni Teologiche ad uso dei suoi discepoli. Tanti, meriti, tanti lavori, non potevano rimanere occulti. Nel 1822 fu ascritto fra i venti soci ordinari che costituivano la celebre Accademia Ercolanense di Archeologia. E nel 1826 fu chiamato nella Reggia all’onoranza di Precettore dei Principi e delle Principesse reali. Colmo di tanti meriti non poteva l’abate Iavarone sfuggire allo sguardo del religioso Sovrano nella scelta dei vescovi. Pertanto il 21 marzo 1832 fu promosso al vescovado di Ascoli Satriano e Cerignola nella Capitanata. Qui si distinse per le riforme da lui introdotte nell’insegnamento dei Seminari, giusta le prescrizioni del Sacro Concilio Tridentino. La fama e la virtù di tanta dottrina risuonò nell’animo del Re quando lo scelse a Presidente della Giunta della Reale Biblioteca Borbonica, nella quale carica fece egli bella mostra delle sue estese cognizioni bibliografiche. Il 20 aprile 1849 venne trasferito alla diocesi di Sant’Agata dei Goti e Acerra. Passò la sua vita fra gli studi prediletti e l’esercizio di tutte le virtù à cristiane. Si spense a Castellammare di Stabia il 19 agosto 1854.
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