Home > Chiesa Ascolana > L’antica Cattedrale medievale Santa Maria del Principio |
"... le informazioni circa l' esistenza della Chiesa di Santa Maria del Principio nell’Alto Medioevo ad Ascoli sono contenute nelle pergamene di atti notarili rogati ad Ascoli e conservati presso i monasteri benedettini che ebbero in quell’epoca interessi di proprietà e rendite nella città e nel territorio di Ascoli, precisamente Montevergine e Montecassino ..." |
Dell’antica Cattedrale ormai la collettività ascolana ne ha perso completamento la memoria, le ultime vestigia sono state demolite intorno al 1874. L’ultimo legame della collettività con quella cattedrale è costituito dalla conservazione nella toponomastica cittadina della via Torre Vecchia, la strada che collega Largo Aulisio alla sommità della omonima collina, oggi detta collina Pompei, dove sorge la Chiesa della Madonna di Pompei. Le informazioni circa l' esistenza della Chiesa di Santa Maria del Principio nell’Alto Medioevo ad Ascoli sono contenute nelle pergamene di atti notarili rogati ad Ascoli e conservati presso i grandi monasteri benedettini che ebbero in quell’epoca interessi di proprietà e rendite nella città e nel territorio di Ascoli, precisamente Montevergine e Montecassino. a lato “Rocchio di colonna calcarea”, residuo di una colonna dell’antica cattedrale. Il diametro (cm. 85) della colonna scanalata ci dà l’idea della grandiosità e magnificenza dell’antico tempio. Ascoli Satriano piazzale Paolo Sannella, chiesa Madonna di Pompei. |
La prima menzione della Chiesa è contenuta nella pergamena rogata ad Ascoli nel 994 dal chierico notaio Giovanni, in cui è nominata la “ecclesia Sancte Marie”, a proposito del passo di misura dei terreni, segnato sul portale della Chiesa. Per lo stesso motivo nel 1051 il notaio e chierico Urso fa riferimento allo stesso passo di misura e nello scrivere “Sancte Marie que dicitur in Principio” soprassegna la parola Marie con il segno della croce per indicare la Cattedrale. Nella “Cartula Venditionis” del 1080 il notaio Urso, chierico e primicerio, indica l’antica Chiesa Cattedrale con il titolo “beate Dei genitricis et Virginia Marie, que dicitur in Principio”. Lo stesso Maiore nel 1129 nel Memoratorium (Placiti) scrive in maniera semplificata “ecclesia Sancte Marie que dicitur in Principio”. Nella “Cartula Donationis”, rogata dal notaio Simeone nel 1154, sopprime la parola ecclesia e scrive solo “Sante Marie que dicitur in Principio”. Nella seconda metà del 1300 non sono noti atti notarili rogati in Ascoli. Due eventi particolarmente calamitosi si abbatterono sulla popolazione ascolana, che ne ridussero la consistenza demografica. Nel 1347 un evento sismico dalle conseguenze disastrose si abbatté sulla città danneggiandone il patrimonio edilizio, con numerose vittime umane. Tale evento costituisce presumibilmente l’inizio dell’abbandono irreversibile della collina, il quartiere Frontino, attuale Torre Vecchia o collina Pompei sede dell’antica Cattedrale e dell’Episcopio, da parte della popolazione. La popolazione finirà per arroccarsi sulla collina Serra, attuale collina Castello. L’abbandono urbano del quartiere sarà suggellato nella metà del secolo successivo quando fu trasferita definitivamente la sede della Cattedrale e dell’Episcopio. Dopo il terremoto, nel 1348-1350 esplose e si diffuse la Peste Nera. Tale peste non risparmiò certamente Ascoli, ciò ne ridusse drasticamente la sua popolazione. All’inizio del XV secolo Ascoli era feudo del più potente barone del regno, il Principe di Taranto Orsini. Il Principe con la sua famiglia non risiedeva ad Ascoli, dove presumibilmente risiedeva un suo incaricato che esercitava il potere in sua vece e tutelava i suoi interessi economici. Ascoli era uno dei tanti feudi posseduti dai Principi Orsini di Taranto da cui traevano le rendite che spettavano al feudatario, trascurando e mettendo nelle mani di terzi le loro prerogative di governo del feudo, spesso esercitato con gravi abusi. La mancata presenza fisica sul posto del feudatario e della sua famiglia diminuiva l’importanza politica della città e ciò si rifletteva negativamente anche sull’autorità del Vescovo della Diocesi, indebolendola. Dopo il trasferimento nella nuova sede dell’attuale cattedrale all’interno delle mura della città, per la Chiesa di Santa Maria del Principio iniziò un lento, progressivo e inesorabile processo di abbandono che porterà prima alla sconsacrazione e successivamente alla sua scomparsa fisica. Ridotta a semplice chiesa, continuò ad assolvere alle sue funzioni religiose e a conservare l’interesse delle famiglie benestanti a mantenere e dotare cappelle e altari di rendite finanziarie. Con il diritto a seppellire i morti della famiglia nelle tombe che in genere si ricavavano nel pavimento, in corrispondenza degli altari. Un esempio documentato è quello della Cappella del Crocifisso dotata e mantenuta dalla famiglia degli Antolini, eretta da Altobello degli Antolini nel 1540 a seguito della sepoltura del fratello, Primicerio del Capitolo Cattedrale di Ascoli don Pascarello de Antolini, come si legge sulla pietra tombale proveniente dall’antica Cattedrale e attualmente conservata nell’antisacrestia dell’attuale chiesa concattedrale Natività della BVM. Infatti sulla fascia perimetrale del bassorilievo si legge: “Hic jacet humanum corpus venerabilis Pascarelli de Antolini primicerii Sanctae Mariae de Principio, die 8 mensis Julii 16 XII Ind. 1540” Dopo la peste del 1656, durante la quale rimase vittima anche il Vescovo di Ascoli Mons. Pirro Luigi Castellomata, un sacerdote, don Lucio Cicerale della Chiesa di Ascoli, costituì un legato in favore della Chiesa di Santa Maria del Principio la cui rendita spettava al Primicerio titolare della omonima Chiesa. Il reverendo Cicerale costituì la rendita mediante il testamento redatto dal notaio Giovanni Javarone, al tempo del Vescovo Mons. Giacomo Filippo Bescapé. Nel 1673, anno della visita canonica del Vescovo Mons. Felice Via, l’ex Cattedrale di Santa Maria del Principio è ancora aperta al culto nonostante la posizione extra moenia, cioè fuori le mura della cittadina e la drastica diminuzione della popolazione di qualche decennio prima a causa della peste. Nel XVII secolo la normale attività religiosa e pastorale nelle Chiese e Cappelle di Ascoli era legata alla presenza o meno di patrocini di famiglie nobili o economicamente facoltose che si assumevano l’onere finanziario della manutenzione degli edifici e di quanto necessario al funzionamento per le celebrazioni dei riti liturgici. Le Chiese dei Monasteri venivano mantenute e curate dagli Ordini religiosi residenti. Le Chiese delle confraternite di fedeli laici congregati venivano assegnate dal vescovo e dal Capitolo Cattedrale, a volte erano costruite direttamente con propri fondi, erano curate e mantenute dai fratelli congregati. Spesso fedeli alla loro morte lasciavano eredità, sotto forma di legati, in favore di Chiese i cui frutti costituivano il sostentamento economico sia per la conservazione dell’edificio e sia per il suo funzionamento religioso. Le Chiese prive di adeguato sostentamento economico erano destinate all’abbandono, alla scomparsa fisica. Nei casi più favorevoli si conservano i nomi nei toponimo della zona, in altri casi scompare anche dalla memoria della collettività. La Chiesa di Santa Maria del Principio rientra in quest’ultimo caso. Cataclismi naturali, guerre ed epidemie ridussero drasticamente la popolazione di Ascoli per cui la città si ridusse e si racchiuse solo entro le mura del quartiere della Serra, l’attuale quartiere Castello. Conseguenza di tale situazione fu l’abbandono progressivo delle strutture ubicate fuori le mura. In particolare la conservazione dell’edificio della ex Cattedrale comportava costosi interventi di manutenzione e soprattutto il mantenimento e la fornitura degli arredi e delle suppellettili, lontana ormai dal centro urbano, poco frequentata e dotata di poche e insufficienti risorse. Tale situazione non secondaria, determinò la chiusura totale e la dismissione dell’edificio sacro dalle celebrazioni del culto. Nella “Memoria riguardante il Servo di Dio don Pascarello d’Antolino” pubblicata a Napoli nel 1851, è riportato che la Chiesa di Santa Maria del Principio fu totalmente abbandonata nel 1729. |
Come era fatta la chiesa |
Le informazioni su come era fatta la Chiesa Cattedrale di Santa Maria del Principio sono state assolutamente carenti fino al 1966, quando il sacerdote don Antonio Silba ha trovato, nell’archivio storico della Curia della vecchia Diocesi, un manoscritto che permette di far uscire l’antica Cattedrale della Diocesi ascolana dal buio secolare che l’ ha avvolta. Il manoscritto riguarda le visite canoniche che il Vescovo Mons. Felice Via, effettuò dal 1673 al 1679 alle Chiese e strutture ecclesiastiche della Diocesi di Ascoli e Ordona. Sono assenti le informazioni circa le condizioni di conservazioni delle strutture esterne. Le notizie riguardano solo l’interno della Chiesa. Alle scarne notizie riguardanti l’architettura dell’antica Cattedrale, nel manoscritto del Vescovo Mons. Felice Via, si riscontrano maggiori informazioni sugli arredi sacri e soprattutto sulla dotazione delle suppellettili e dei paramenti sacri necessari alla celebrazione delle funzioni religiose nelle singole cappelle. La minuziosa descrizione ci permette di capire che all’epoca della visita la Chiesa è discretamente dotata e funzionante. Dai manoscritti desumiamo che la Chiesa era costituita da un’unica aula con in mezzo un arco, che suddivideva la zona posteriore dell’aula in due piani distinti e sovrapposti. Non è riferita la tipologia dell’arco o a che altezza si trovasse il piano superiore. Nella parte superiore erano presenti le due Cappelle principali della chiesa: la prima dedicata alla Madonna del Principio, la seconda alla Madonna dell’Assunta con accanto l’altare del Crocifisso. Nella parte inferiore, al piano di pavimento dell’aula, stava la Cappella della Madonna con Sant’ Anna. Al di sotto del piano della Cappella della Madonna con Sant’ Anna e del piano dell’aula, esisteva una cappella sotterranea senza nessun titolo. A tutti gli effetti doveva essere una vera e propria cripta. Osserviamo che nella Chiesa non vi erano cappelle o altari di devozione dedicati a santi ma solo esclusivamente dedicati alla Madre di Dio: in Principio, Assunta con Sant’Anna. E’ la conferma della intensa devozione millenaria alla Madonna della Città di Ascoli, presente e testimoniata ancora nei tempi moderni con la dedizione delle numerose Chiese ascolane: Natività della B.V.M., Madonna di Pompei, Madonna dell’Incoronata, Madonna del Soccorso, Madonna della Libera, Santa Maria degli Angioli e Santa Maria del Popolo. Dalla descrizione della prima Cappella superiore di Santa Maria del Principio apprendiamo che sull’altare è dipinta sul muro l’immagine della Madonna, protetta da una anta di vetro. Nella Cappella è segnalata la presenza di sei “tavole antiche e indorate” con su dipinte sei figure non individuate, certamente soggetti di religiosi, appesi alle pareti e in non buone condizioni di conservazione, dipinti alla maniera bizantina, risalenti all’alto medioevo ascolano. In definitiva nella Chiesa erano presenti 5 altari o Cappelle fuori terra e una interrata, tre nella zona superiore della Chiesa e due nella zona inferiore, oltre a quella interrata. Il manoscritto non fa nessun accenno a locali annessi all’ex cattedrale quali: campanile, sacrestia, antisacrestia, depositi, archivio, eventuale antica sala del Capitolo, locali di abitazione del Parroco. |
Manoscritti e pubblicazioni |
|
Fonte: |
Ascoli Satriano, visitando il borgo - © web design by Piero Pota ( www.ascolisatrianofg.it ) |