Assai scarse sono le informazioni nel
documento sugli autori stessi: per Giuseppe Antonio, soltanto la
qualità di accolito nella Chiesa ascolana e la data della morte,
avvenuta precocemente il 27 luglio 1799, all’età di ventuno anni e sei
mesi, mentre per Ermenegildo, la professione notarile e l’incarico di
procancelliere presso l’Università di Ascoli Satriano e qualche accenno
occasionale al figlio Bartolomeo.
Di questi due ultimi, si apprende anche
l’adesione alle esperienze governative dei corsi politici nuovi: il
primo fu eletto municipalista nel periodo della breve parentesi
repubblicana e il secondo militò nella Guardia Civica durante il
decennio Murattiano. Di conseguenza, ambedue incriminati nel 1822,
subirono, prima, il processo e, poi, la sospensione dagli incarichi
pubblici ad opera dei tribunali borbonici.
Il Diario dei fratelli Tedeschi è una
importante testimonianza sulle vicende di Ascoli Satriano e della
Capitanata durante l’insurrezione giacobina del 1799 e la sollevazione
costituzionalista del 1820, che hanno rappresentato un momento
fondamentale per il riscatto sociale e civile dell’intero Mezzogiorno.
dal “Diario dei
fratelli Tedeschi”, alcuni fatti del 1799
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Il 5 febbraio 1799 don Lonardo
Salerno, governatore della città di Ascoli, in largo Purgatorio legge
il proclama democratico. Si declama l’invito alla coccarda, l’impianto
dell’albero della libertà e lo sventolio della bandiera tricolore
della Repubblica. I colori sono il rosso il giallo il blu. Il popolo
rimane assordito, compiangendo l’allontanamento del Re e l’entrata dei
Francesi in Napoli. Pochi si coccardano.
la
coccarda repubblicana, l’albero della libertà, fogli del Diario con grafia di E. Tedeschi
e di G. A. Tedeschi
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Il 6 febbraio il servente Nitto
Lonardo, accompagnato da Agostino Papa, diffonde il pubblico bando
affinché tutti si coccardassero pena la vita.
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Il 1 marzo si nomina il Governo
democratico Repubblicano della città di Ascoli, la Municipalità.
Sono membri della Municipalità il notaio regio don Potito d’Autilia
presidente, il primicerio Vincenzo Cirillo deputato, don Gennaro
Santoro deputato, Paolo Antonio Selvitella deputato, Giovanni
Sciarrilli segretario, Cesare d’Alessandro e Giovanni de Benedictis
giudici di pace, Vincenzo Bari grassiere (magistrato
di nomina regia), Domenico Papa secondo grassiere, Vito Capozzi
cassiere. Nello stesso giorno è costituita la Guardia Nazionale
Civica, organo militare repubblicano voluto dai francesi. Essa
conta di trecento persone divise in sei compagnie da cinquanta l’una.
E’ nominato comandante d’Autilia Luigi; sono ufficiali Papa Agostino,
Lobella Domenico, Spinelli Potito, Mazzei Nicola, Papa Potito, Sipone
Nicola, Giuliani Nicola, Capozzi Francesco Saverio, de Benedictis
Domenico, d’Alessandro Ferrante, Bernardo Davide, Califani Francesco
Saverio, Martino Francesco Saverio.
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Il 30 aprile si proclama in Ascoli
il bando pubblico di abolizione della proprietà feudale e si ordinano
i festeggiamenti per l’arresto e il massacro dei sovrani e la disfatta
militare dell’arciduca Carlo.
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Il 1 maggio il popolo dalle ore
otto ha cominciato a mettersi in controrivoluzione, sparando
schioppettate. Dalle ore dieci alle ore dodici ha proceduto alla
carcerazione di molti patrioti. I primi carcerati sono stati Francesco
e Luigi d’Autilia figli del notaio Potito. Gli altri sono: don Cesare
d’Alessandro, Agostino Papa, Francesco Saverio Martino, Giuseppe
Martino, don Nicola Sipone, Agostino Silvestri (padre agostiniano),
Tommaso Petrilli (padre domenicano), alcuni patrioti di Noci
rifugiatisi ad Ascoli, Lorenzo Pagnano ballerino, Enrico Farina, don
Lonardo Salerno (governatore di Ascoli), Vincenzo, Raffaele e Michele
Berlingieri, il notaio Angelo Antonio Galotti, Maria Paparella,
Eugenia Parrino, il figlio di Nicola Pasquale Maffei di Candela.
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Il 2 maggio vengono uccisi tutti i
prigionieri, fucilandoli e decapitandoli, per mano degli uomini del
terribile Marciano Gallo, fatti salvi don Nicola Sipone
liberato a furor di popolo, don Lonardo Salerno appuratosi innocente e
i cittadini di Noci. Vennero massacrati: Potito d’Autilia e la
moglie Eugenia Parrino con i figli Francesco e Luigi, Cesare
d’Alessandro, Agostino Papa, Paolo Antonio Selvitella, Errico Farina,
Angelo Antonio Galotti, i fratelli Francesco Saverio e Giuseppe
Martino, i fratelli Vincenzo, Michele e Raffaele Berlingieri con la
moglie Maria Paparella, Antonio Maffei (di Candela), Tommaso Petrilli
(padre domenicano), Agostino Silvestri (padre agostiniano). Le teste
di tutti i diciotto massacrati furono esposte all'albero della
libertà in largo Purgatorio. Le uccisioni continueranno anche il 3
maggio.
il notaio Potito d'Autilia, lapide affissa in piazza
Giovanni Paolo II ricorda il massacro,
l'albero della Libertà è opera
del Prof. Cosimo Tiso
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Il 4 maggio scrive da Foggia don
Vincenzo Angiulli, membro dell’Amministrazione Dipartimentale
Repubblicana, minaccia i controrivoluzionari. Se Ascoli non si
assoggetta di nuovo alla Repubblica, sarà distrutta.
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Il 5 maggio si celebra la
processione dei Santi protettori di Ascoli. La processione avverrà
solo dopo la rimozione delle teste recise ed esposte in pubblica
piazza, su richiesta del vescovo Emanuele de Tommasi. Lo stesso giorno
don Gennaro Santoro, deputato della Municipalità e don Angelo Forni,
agente del Duca tornano da Foggia, dopo l’atto di sottomissione, con
documento a firma del presidente dell’Amministrazione Dipartimentale,
da Angiulli amministratore e Bianco commissario. Il documento concede
il perdono generale con la condizione di riassoggettarsi alla
Repubblica con la facoltà di rieleggere la Municipalità e tutti gli
organi necessari, in pubbliche sedute. Il popolo esulta per lo
scampato pericolo, ma ancora rifiuta di coccardarsi alla francese.
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Il 6 maggio è eletta la Nuova
Municipalità. Il sacerdote Angiulli Giuseppe fratello di Vincenzo,
presidente, Colavita Giovanni Battista, Corsari Vincenzo, Tedeschi
Ermenegildo, Sciarrilli Giovanni segretario, Capozzi Vito cassiere, de
Benedictis Giovanni e Santoro Vincenzo giudici di pace, Bari Vincenzo
e Papa Domenico grassieri, Gallo Marciano comandante della guardia.
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L’ 8 maggio arriva ad Ascoli
Schipani Principe colonnello reale, che si fa portavoce di un editto
reale ove si ordina al popolo di mettere la croce bianca alla destra
del cappello e la nocca rossa alla sinistra. Lo stesso giorno, da
Foggia si conferma la nuova Municipalità.
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Il 17 maggio padre Boccioni e padre
Basca Antonio, francescani minori conventuali, sono inviati da
Marciano Gallo in Barletta per accertare moti controrivoluzionari in
quella città. Lo stesso giorno e per la stessa ragione si reca a
Barletta partendo da Foggia l’avvocato Domenico Cimaglia.
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Il 21 maggio i due religiosi,
Boccioni e Basca, inviati a Barletta ad appurare i fatti, ritornano e
in assemblea con il Vescovo, Marciano Gallo, la Municipalità e parte
del popolo, verbalizzano sull’avvenuta controrivoluzione nelle zone
costiere, dello sbarco dell’armata russa a Barletta e Manfredonia.
Infine si parla di un plico reale con istruzioni manoscritte a firma
del conte Trojano Marulli. Si decide di mandare il plico e tutte le
informazioni a Foggia all’Angiulli per ogni decisione, quando la
notizia diffusasi degli eventi, provoca reazione nel popolo che
dealbera il palo della libertà e toglie le nocche repubblicane che
Marciano Gallo aveva imposto. Si viene a sapere a sera che anche a
Foggia è in atto la controrivoluzione. Più di cento arresti. Lo stesso
Vincenzo Angiulli è catturato e inviato a Manfredonia presso il
presidio militare. E’ la fine della Repubblica Democratica.
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Il 22 maggio Visciòla Michelangelo
è luogotenente del Re in Ascoli con poteri assoluti di governo e di
nomina. Santoro Giuseppe è sindaco del governo nominato dal
luogotenente reale Visciòla.
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Il 31 maggio il cardinale Ruffo,
con una truppa di 5.000 uomini tra fanti e cavalieri di cui 700
calabresi collettizi e numerosa artiglieria composta da cannoni,
obici, colombrine e colombrinette più 96 carri di equipaggio, Il
cardinale con la sua corte è dimorato nel palazzo ducale, gli
ufficiali nelle case dei particolari e la truppa divisa tra i conventi
di S. Potito, S. Maria e S. Giovanni.
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In luglio in Ascoli i
controrivoluzionari spadroneggiano ignorando i dettami monarchici.
Sono saccheggi e abusi. Il 21 luglio un cittadino candelese,
tale Carpinelli, viene carcerato e fucilato in Ascoli con l’accusa di
giacobinismo. Il fatto accadde davanti al palazzo ducale.
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Il 27 luglio Tedeschi Giuseppe
Antonio, autore del diario e redattore sino al 6 giugno, muore
dopo 33 giorni di infermità, all’età di 21 anni. Continua la redazione
del diario uno dei fratelli. Lo stesso giorno, due mercanti dalmati,
venditori di giumente, sono uccisi per essere derubati nella città di
Ascoli. I responsabili otto ascolani, Giuliano Donato detto “lo
sfragnato”, Zizzari Francesco, Fattobene Giovanni, Ficci Eusebio,
tutti facenti parte della compagnia di Marciano Gallo, che preoccupato
delle conseguenze provvede alla loro cattura e carcerazione. Qualche
giorno dopo si appura che uno dei due dalmatini fosse il conte Lazaro
Ristiz.
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Il 15 agosto Marciano Gallo con
atto pubblico è proposto capo della Guardia Civica.
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Il 13 ottobre si costituisce la
Guardia di Campagna organo di polizia rurale. Composta da sei o sette
guardie a disposizione del capitano che è Marciano Gallo. La
sussistenza della stessa è a carico dell’Università o dei massari di
campo, secondo la legge.
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Il 22 ottobre
il vescovo Monsignor Emanuele de Tommasi celebra nella cattedrale di
Ascoli la messa in ricordo di Papa Pio VI.
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