Home > Tradizioni > Come eravamo > La vita di strada


La strada esercitava su di noi ragazzini un fascino e un’attrazione particolari: la nostra quotidianitą, in quegli anni, era strettamente legata a quello spazio, specialmente nel periodo estivo, quando diventava una palestra di giochi. Essa pulsava di vita e di attivitą di ogni genere, anche se nascondeva qualche insidia, quello pił ricorrente era il cadere con facilitą, a causa dell’acciottolato sconnesso, quando ci lanciavamo in veloci scorribande lungo le traverse “li trasonnė” in pendenza.

In pił, oltre a sopperire alle esigenza domestiche per ristrettezza degli spazi abitativi, diventava un enorme palcoscenico a cielo aperto dalle grida festose, agli schiamazzi; dalle cantilene, ai richiami di ragazzi e adulti; dai versi sonori degli asini e di altri animali domestici, ai rumori e suoni di ogni genere: i contadini ne occupavano gran parte della superficie per spandere al sole e poi battere le spighe raccolte “ammazzuchč”; per asciugare le mandorle e le noci prive di mallo.

Le massaie lavavano il bucato in enormi mastelli di creta “li scjarrunė” riempiti di acqua da ragazze che, con barili in testa, protette a mo’ di aureola da un cuscinetto di stoffa attorcigliata “lu tarallė dė pčzzė”, facevano la spola dal vicino fontanile, mentre su canapi, sorretti da lunghe verghe terminanti a forcine “li furcėnčllė”, venivano stesi i panni da asciugare, sventolanti al sole in una policromia di colori. Noi ragazzi, con un po' d'acqua di bucato e con un pezzo di canna, dopo averlo intinto, soffiavamo leggere bolle blu.


Gli artigiani: lo stagnino “lu stagnėrė”, il ciabattino “lu scarpėrė”, il falegname “lu falėgnamė”, il fabbroferraio “lu fėrrėrė”, il sellaio “lu sėllėrė”, il bottaio “lu varrėlėrė” espletavano le loro varie attivitą con rumori tipici e a volte assordanti, accompagnandosi con motivi di canzonette, intervallati da fischi cadenzati.

Gli ambulanti: l’arrotino “lu molaforbėcė”,  il conciabrocche “lu piattėrė”, il carbonaio “lu cravunėrė”, il compratore di capelli “lu capėllėrė” annunciavano, con i loro versi, la vendita di mercanzie o la prestazione di qualche intervento di riparazione immediata. Il gelataio con un fischietto alla marinara invogliava a comprare “li pasckaričllė”. Il lattaio girava col tintinnio di un campanello e versava ai clienti col misurino “lu lattė de crėpė”  nelle loro ciotole. La venditrice di erbe spontanee e misticanze vi passava con il tipico richiamo: “Oh, che bčllė fogliė ammėsckėtė, oh !!!”. 

I trasportatori, con lo scampanio delle sonagliere, sistemate al collo dei loro asini, avvertivano le massaie per il trasporto del grano al mulino. Il banditore con la sua cantilena annunciava l’arrivo del pesce da Manfredonia: “č arrėvėtė lu pčscė … č arrėvėtė lu pčscė !!!”.

Ascoli Satriano, allora, contava circa dodicimila abitanti, non era iniziata la grande migrazione verso il nord Italia (Milano, Torino) e dell’Europa (Germania, Svizzera), e la Riforma Agraria non era ancora una realtą per i tanti braccianti che di lģ a poco si sarebbero trasferiti nei poderi loro assegnati dall’Ente.


Fonte:
-
 “Li gljummėrė, aspetti linguistici e antropologici di Ascoli Satriano”  di Franco Garofalo, 2018


Ascoli Satriano, visitando il borgo -  © web design by Piero Pota   ( www.ascolisatrianofg.it )